Subito dopo e prima di Pasqua nella nostra zona, i riti d’amore, che hanno resistito fino a pochi anni fa, erano tre:

‘a sciuriate ( l’infiorata) fra il 7 e l’8 maggio (per l’apparizione di San Michele).

‘o struscie ( la strusciata) che si svolgeva il giovedì santo,

’o perduone ( il perdono) che si celebrava il 25 marzo giorno che a Marcianise cade la Festa dell’Annunziata ed era un rito riservato, in modo particolare,
alle coppie.

In primavera, in pieno periodo della fioritura dei mandorli, dei peschi, dei meli o delle rose, il giovane innamorato, da solo o con amici, passava e ripassava fuori la casa della ragazza che l’aveva colpito. Poi, individuato il posto più adatto dove poggiare dei fiori (porta, finestra bassa, balcone, davanzale, terrazzo) la sera tardi o di notte, fra il 7 e l’8 maggio, solo, senza essere visto, lasciava un mazzo o una corona di fiori, dove abitava la ragazza. Quand’era il caso o se c’era l’opportunità il rito floreale era preceduto da una serenata.

Al mattino seguente, se il giovane vedeva i fiori dove erano stati da lui deposti significava che la giovane non aveva accettato la sua proposta d’amore; se i fiori non c’erano più o addirittura li vedeva attraverso i vetri all’interno della casa, significava che la proposta era stata accettata con entusiasmo dalla giovane e dalla sua famiglia. Dopo pochi giorni arrivava immancabile da parte di lui e della sua famiglia la proposta “ufficiale” di fidanzamento.

Ma la sciuriata non era solo per la dichiarazione d’amore , ma era anche a “dispietto” cioè che se la ragazza non accettava la proposta o per una offesa fatta al ragazzo, questi, invece delle rose posava “i sammuci” (un’erba maleodorante che cresce nei fossi). Se per qualunque ragione non c’era stata l’opportunità di praticare, l’anno prima, il rito della “sciuriata” il giovedì prima di Pasqua c’era l’occasione di dichiararsi per il giovane innamorato durante lo “struscie”.

In quasi tutti i paesi della zona durante “la settimana santa” , vengono allestiti i sepolcri. Questi sono realizzati in ogni chiesa del paese con pianticelle di grano( fatte ingiallire tenendole al buio) e fiori. Per i fedeli è obbligo far visita almeno a tre sepolcri. Era tradizione che il giovedì o il venerdì santo una famiglia “ingegnasse” scarpe o vestiti nuovi e, in modo particolare la ragazza da marito. Per la folla che frequentava la chiesa e per le scarpe nuove quasi tutti nel camminare strusciavano i piedi, da qui ‘o struscio (lo struscio).

Questa era anche l’occasione per un giovane innamorato di manifestare alla ragazza i suoi sentimenti, senza parlare. Infatti, approfittando della folla, si avvicinava all’oggetto dei suoi desideri e con una mano le sfiorava una mano se la ragazza faceva in modo che lo sfioramento avvenisse nel suo palmo di
mano la risposta era un si allora dopo pochi giorni, arrivava da parte del giovane la richiesta ufficiale di fidanzamento. Forse la parole “struscie” viene dal verbo strusciare della mano maschile sul corpo di una donna.

Se la ragazza evitava lo “struscio” per l’innamorato era un no deciso ed inutile la seguente sciuriata.

Se la coppia era già formata e durante l’anno erano scoppiati degli immancabili litigi ecco, che il 25 marzo giorno dedicato alla pace, uno dei partner chiedeva scusa per il torto fatto e offrendo torrone (o dolci locali) otteneva il perdono (‘o perduono). Se il dono veniva accettato il perdono era ottenuto, se era rifiutato la “guerra familiare” continuava.

Ma in questo rito di pace c’era qualcosa di più profondo e lontano; infatti è credenza locale che se un figlio fosse nato la notte di Natale certamente sarebbe stato licantropo e da allora nove mesi prima erano interdetti tutti i rapporti sessuali tra la coppia. Allora il marito per farsi perdonare dalla moglie che proprio quel giorno “andava in bianco” la addolciva con… una stecca di torrone.

Iader C. Silvana

photo credit: francescogigliotti via photopin cc

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Di Redazione

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