Se nella nostra zona si fa opera di “archeologia folklorica” sotto simboli nascosti si possono svelare i vari strati dei miti antichi della cultura contadina attraverso i riti che ancora sopravvivono nei paesi sorti sulle rive del Clanio.

Alcune feste popolari vive e vissute fino alla metà del secolo scorso (e che anche oggi sopravvivono grazie alle attività della “Pro- loco”) erano le manifestazioni già vive di una cultura ad economia agricola.

Ci riferiamo al carnevale : ai carri, ai riti di resurrezione, ai pellegrinaggi (coi fuienti e vattienti) il lunedì ed il martedì di Pasqua, con la “sciampagnata” alle chiesette campestri di San Canione e di S. Venere, il mangiare seduti sull’erba, il casatiello o il turtaniello (con l’uovo sodo ed i resti della cucina , salame, carni, grassi di maiale ).

Sono tutti riti e miti di “passaggio” di antiche credenze e mitologie antiche di civiltà agricole che dopo la diffusione del Cristianesimo, sotto altra veste, si sono fusi e confusi con questo e sono riusciti a vivere o rivivere nella così-detta “tradizione popolare” .

Nella nostra zona, in periodo pre-storico, abitarono insieme a tribù autoctone Osci, Etruschi e Sanniti.

Poi, con l’affermarsi della potenza romana la zona fu completamente assoggettata non solo economicamente e religiosamente ma anche politicamente.
Basta pensare alla “centuriazione” che attuarono i conquistatori nella nostra zona.
Durante questo periodo importantissime strade (la via antigua, Atellana, Domitiana) fecero incontrare le civiltà e le religioni di origine greca, romana, locale.

Da ciò nacque una commistione di credenze che si influenzarono reciprocamente spesso col prevalere di miti (e religioni) nati sempre in comunità ad economia agricola.

L’anno “romano” cominciava col mese di marzo (infatti nell’attuale calendario 7mbre, 8bre, 9mbre, 10mbre portano ancora i vecchi nomi) e proprio in questo mese (e un poco prima) terminavano o cominciavano gli antichi riti “passaggio”: tra il vecchio ed il nuovo, il morto ed il vivo, l’inverno e la primavera.

Il passaggio tra l’inverno e la primavera era celebrato, a Roma, con i LUPERCARI. I fedeli, del Dio Marte (da cui Marzo) in questo periodo festeggiavano danzando (i SALII- salire- saltare) e da noi ancora si vedono ‘e vattiente.

In Grecia, poco prima per ricordare la resurrezione del dio Dionisio (latino Bacco), c’erano delle feste “(ANTESTERI)”. Al 3° giorno (e PANSPERMIE) passava il “carro Dionisiaco” che era una nave, sostenuta da ruote, portata in processione ( il carro di nave) .
Il “carro- navale” ricordava il precedente rito babilonese che simboleggiava il passaggio dall’inverno alla primavera ed il trionfo e la resurrezione del “dio Salvatore Marduk” (primavera) e la morte di “Tiamat “ (l’inverno).

Per le vie sfilava un carretto (car ) ottenuto trasformando una nave (naval).
Da cui : CAR-NAVAL ( dialetto) Carnàvale.

Ad economie simili corrispondono sempre miti simili. E sempre ad una economia agricola si rifanno il mito egiziano di Osiride ed Iside e quello greco-romano di Proserpina: entrambi legati al culto della resurrezione della terra e della fertilità.

Osiride fu ucciso dal fratello Set, fatto a pezzi e ogni membra disperse in tutto il mondo fino a che Iside, la sorella –moglie, raccolse le sparse membra e lo resuscitò uomo-integro. Plutarco scriveva “…dicono che Osiride viene seppellito quando seminano nella terra e che egli torna alla vita quando il grano comincia a crescere”.

In Mesopotamia Tammuz (la terra) moriva ogni anno e veniva resuscitato grazie alle preghiere di Ishtar. Ed ecco spiegato l’alternarsi delle stagioni e il miracolo della rinascita primaverile.

Nella mitologia greco-romana Proserpina viene rapita da Ade, dio del sottosuolo e portata negli Inferi.
Demetra, dea della Campagna (latino Cerere), da cui l’ ital. Cereali cerca la figlia e non la trova. Allora le messi non crescono, i fiori inaridiscono, la frutta non nasce e gli uomini stanno per scomparire. Allora interviene Giove e mette d’accordo genero e suocera (Ade e Demetra); Proserpina starà sei mesi giù (autunno e l’inverno) e sei mesi su (primavera ed estate).
Col ritorno dagli inferi di Proserpina, grazie a Demetra la primavera sboccia nella campagna.

Ed ecco che a principio d’anno (marzo) il contadino batteva la terra (e vattiente) e correva (e fiuenti) per ricordare ad Ade che Proserpina doveva ritornare su.
Allora come oggi il contadino sacrificava a Demetra con focacce. Ora le focacce sono tortani e casatielli con l’uovo simbolo della vita e resurrezione da mangiare in campagna nei pressi delle chiese campestri (templi) di San Canione (è un nero) e S. Venere (è una Dea).

Iader C. Silvana

photo credit: Fiore S. Barbato via photopin cc

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Di Redazione

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