Risultano essere gravi gli indizi di colpevolezza a carico del carabiniere 31enne, Davide Corallo, nei confronti del quale la Procura della Repubblica di Ragusa ha richiesto al Gip di emettere un’ordinanza di custodia cautelare, a seguito dell’omicidio del cuoco modicano, Peppe Lucifora, chef conteso e amato per la raffinatezza dei suoi piatti, che non avrebbe fatto mistero della sua relazione con il carabiniere.

Corallo era già stato interrogato lo scorso 14 febbraio per oltre dodici ore, alla presenza di tre avvocati, negando ogni possibile coinvolgimento, ammettendo di aver incontrato Lucifora nei giorni precedenti all’uccisione, ma non il giorno stesso. Da precisare che le sue dichiarazioni non ebbero alcun riscontro scientifico da parte dei Ris di Messina, le cui analisi hanno invece confermato che le tracce di liquido seminale sarebbero da attribuire al giorno stesso dell’omicidio e non alle giornate precedenti. Sarebbe proprio grazie all’individuazione del Dna che si sarebbe arrivati all’allora sospettato, Corallo, oggi indagato formalmente.

I fatti in questione risalgono al 10 novembre scorso, data in cui venne rinvenuto, nella sua abitazione, il corpo senza vita di Peppe Lucifora. A dare l’allarme furono le stesse persone che lo attendevano per un servizio catering, insospettiti dal suo ritardo. I Vigili del Fuoco, giunti sul posto, trovarono il corpo chiuso a chiave nella sua camera da letto, chiave di cui si è persa traccia, così come del cellulare della vittima. L’autopsia diede da subito conferma del fatto che venne colpito con violenza tale da perdere i sensi, per poi essere strangolato. In un primo momento, le indagini condotte dal procuratore Fabio D’Anna e dal sostituto Francesco Riccio, non mostrarono sufficienti indizi. Dopo un lavoro senza sosta, la Procura avrebbe raggiunto concreti elementi di colpevolezza.

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Di Elena Mascia

Ho iniziato a scrivere da bambina, per necessità, per aprire una finestra sul mondo di qualcun altro come quelle che mi venivano aperte dai libri che leggevo, da uno in particolare che non dimenticherò: Saltafrontiera, che a soli nove anni mi aveva trasportato nella vita, nelle difficoltà, nelle tradizioni, di bambini provenienti dai più diversi paesi al mondo. Non ho mai smesso di interessarmi alle tematiche sociali, non ho mai smesso di desiderare di poter ascoltare e raccontare le storie di vita vera e vissuta, senza distinzioni. E' per questo che sono diventata giornalista pubblicista, per continuare a raccontare l'invenzione della verità, che non ha niente di sorprendente, solo rapporti di causa ed effetto tra incroci di vita, di luoghi e di persone, l'unica strada che non voglio abbandonare.

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