Oggi, a Sharm el-Sheikh, cominciano i negoziati per il piano di pace targato Donald Trump e Tony Blair. E già qui ci sarebbe da fermarsi a riflettere se non a ridere.
Trump, Blair e “piano di pace” nella stessa frase è come dire “dieta a base di fritto” oppure “contenuti seri su TikTok”: concetti che non dovrebbero mai incontrarsi.
Si chiama piano di pace per la Palestina, ma la prima domanda che mi pongo, e che mi sembra che nessuno abbia ancora fatto, è semplice: dov’è la Palestina in questo piano?
E soprattutto: dove sono i palestinesi?
Perché, a leggere bene le bozze e ascoltare le dichiarazioni, sembra che di loro non si parli mai. Come se la pace potesse essere scritta senza chi la dovrebbe vivere.
È un po’ come organizzare un matrimonio e non invitare gli sposi.
Si parla di confini, di investimenti, di sicurezza — parolina magica, la sicurezza — ma mai di giustizia, mai di diritti, mai di dignità.
La Palestina diventa un’appendice geografica, un fastidio politico, un argomento da gestire, non una comunità da ascoltare.
E noi europei, come sempre, applaudiamo da lontano.
Qualcuno dice “finalmente un passo avanti”, altri “meglio di niente” e nel frattempo aspettano di sedersi al tavolo della ricostruzione di Gaza.
Il problema è che meglio di niente è diventato uno standard morale.
Ci accontentiamo di piani di pace dove la pace è una parola decorativa, un lemma ad effetto, buono per i comunicati stampa.
Il vero scandalo, però, è culturale: abbiamo ridotto la Palestina a un argomento, non a un popolo.
Parliamo di “equilibri geopolitici”, di “mediazioni necessarie”, ma non dei 20mila bambini rimasti uccisi, dei civili sotto le macerie, del genocidio, delle famiglie senza acqua, i campi profughi che esistono da oltre 70 anni.
Perché sono argomenti che disturbano la narrativa della pace “sostenibile”.
Finché la pace sarà decisa da chi vende armi, e non da chi le subisce, finché i confini li disegneranno i più forti, e non chi li attraversa per sopravvivere, nessun piano sarà davvero un piano di pace.
Sarà solo l’ennesima mappa del potere travestita da buona intenzione.
Una pace senza giustizia non è pace, è solo un armistizio per i potenti e una condanna per gli ultimi.