Sono stata eletta nel mese di maggio di quest’anno e nelle mie isole ho visto già seppellire 8 corpi non identificati. Appartenevano a persone annegate lungo il tragitto dall’Africa verso l’Europa.
I sopravvissuti dell’ultimo naufragio, avvenuto il 6 settembre nei pressi dell’isolotto disabitato di Lampione, raccontano che le vittime sono state 79. Tra queste c’era anche un bambino di 5 anni.
È molto facile che i barconi affondino. Chi vuole continuare a chiamarli sbarchi, è libero di farlo. Basta che tutti sappiamo di cosa stiamo parlando. La parola «sbarco» incute timore. Invece quelli che in Italia chiamano invasori sono naufraghi. E, per le norme in vigore e le politiche in materia di immigrazione, i naufraghi sono naufraghi.
Per troppo tempo si è guardato a queste isole come alla frontiera dove finisce l’Italia e inizia «l’invasione». “L’esodo biblico” invece non c’è mai stato. È stata un’emergenza fittizia, creata a tavolino, in un’isola dove le vere emergenze sono altre e molto gravi. Per chi vive a Lampedusa, o nella più piccola e isolata Linosa, la terraferma è l’isola più grande, la Sicilia. È lì che dobbiamo andare per partorire bambini e fare la chemioterapia, o anche per studiare.

Oggi migliaia di persone che vengono dall’Africa guardano a Lampedusa come alla porta d’Europa. Finalmente, qualcuno si è accorto che da Lampedusa inizia un mondo, un mondo nuovo. Essere al Centro del Mediterraneo è un grande privilegio. La bellezza di Lampedusa nasce da qui, dalla geografia. È un insieme di colori, odori e paesaggi unici al mondo. È una bellezza dovuta anche alla sua capacità di accogliere e salvare la vita. Negli ultimi 20 anni nel Canale di Sicilia, sono morte più di 10 mila persone. Di ameno altrettante, i dispersi, nessuno ci parlerà mai e mai nessuno li cercherà. Dico allora che noi ci auguriamo che gli sbarchi ci siano, che queste persone riescano ad approdare sulle nostre coste e che arrivino tutti vivi.

Giusi Nicolini, sindaco di Lampedusa e Linosa

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Di Redazione

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