Nel 2013 sono stati 35.085 gli sbarchi sulle cose italiane. Tra le persone arrivate 9.805 sono i siriani,  8.443 gli eritrei e3140 i somali, 1.058 arrivano invece dal Mali e 879 dall’Afghanistan.

I dati aggiornati a ieri, sono stati diffusi dal prefetto Riccardo Compagnucci, vice capo dipartimento Libertà civili e immigrazione del ministero dell’Interno, nel corso del convegno organizzato oggi a Roma dal Cir dal titolo “Accesso alle frontiere – accesso alla protezione”.

Sempre più rilevante la presenza di persone bisognose di protezione internazionale che arrivano con gli sbarchi” dice il Consiglio italiano per i rifugiati.

L’iniziativa del Cir ha lo scopo di presentare il rapporto sull’accesso alla protezione finanziato dal Network of European Foundation nell’ambito del Programma europeo per l’integrazione e la migrazione (EPIM).

Il Consiglio Italiano per i Rifugiati è capofila del progetto in partenariato con l’Hungarian Helsinki Committee (Ungheria), Pro-Asyl Foundation (Germania), The People for Change Foundation (Malta), il Consiglio Greco per i Rifugiati (Grecia) e  la commissione spagnola di aiuto al rifugiato- CEAR (Spagna).

L’obiettivo è promuovere un “cambiamento culturale”, favorendo il passaggio da una visione incentrata prevalentemente sulla sicurezza e sulle attività di  contrasto all’immigrazione irregolare ad un approccio che bilanci tali esigenze con il rispetto dei diritti  umani, in particolare del  principio di non-refoulement.

Sui respingimenti effettuati dall’Italia non ci sono dati ufficiali nonostante l’obbligo Schengen di tenere statistiche in merito.

Dalla sentenza Hirsi (febbraio 2012) è stato denunciato, dall’Agenzia Habeshia, un solo caso di respingimento verso la Libia, che sarebbe avvenuto il 29 giugno 2012. Un gruppo di 76 eritrei sono certi di essere stati intercettati, in acque internazionali, da un pattugliamento congiunto Italia e Libia per poi essere riconsegnati alle autorità militari libiche.

La Guardia di Finanza ha però evidenziato che le autorità italiane non potevano essere coinvolte in tale respingimento perché i pattugliamenti congiunti non sono più stati effettuati dal 18 marzo 2011, data a partire dalla quale il Trattato di Amicizia italo-libico del 2008 è stato sospeso a causa della guerra in Libia.

Tra le maggiori problematiche segnalate da Cir, i frequenti respingimenti “sommari” e “differiti” di migranti egiziani e tunisini arrivati sulle coste del Sud Italia.

Dall’inizio del 2013 sono stati infatti centinaia gli stranieri egiziani e tunisini rimpatriati senza avere la possibilità di entrare in contatto con le organizzazioni umanitarie – si legge nel rapporto – egiziani e tunisini vengono solitamente separati dagli altri migranti e collocati prevalentemente in Centri di Primo soccorso e accoglienza (CPSA), adibiti a strutture di detenzione pur non essendo dei Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE), oppure in altri centri chiusi, prima di essere rimpatriati. Risulta che il trattenimento dei migranti in tali strutture venga effettuato senza alcuna procedura di convalida Giurisdizionale”.

Solitamente in questi centri i migranti tunisini ed egiziani sono identificati dalle rispettive autorità consolari e rinviati generalmente entro 48 ore dopo il loro ingresso in Italia.

Questa prassi non tutela assolutamente il diritto individuale di chiedere protezione internazionale, inoltre le modalità in cui vengono notificati i provvedimenti non sono in linea con la normativa nazionale.

Gli egiziani vengono rimandati in patria, in un paese ancora sconvolto dagli scontri, grazie agli accordi bilaterali, “che non sempre sono pubblici con un’evidente mancanza di trasparenza” sottolinea il Cir. L’Italia ha siglato accordi bilaterali con la Tunisia, L’Egitto, la Libia e l’Algeria.

Il rapporto evidenzia che questi accordi “non contemplano disposizioni relative al rispetto dei diritti umani e in nessun caso contengono tutele specifiche per i migranti e i richiedenti asilo”.

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Di Redazione

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