eritrei_montecitorioROMA – Due bare distese una accanto all’altra. Una grande e scura, l’altra più piccola e bianca, e un numero inciso sopra: 369.

A piazza Montecitorio la comunità eritrea ha scelto così di ricordare al governo italiano la strage di Lampedusa. In una manifestazione nata per contestare la gestione dei funerali della strage del 3 ottobre scorso, ma anche per chiedere un impegno serio all’Italia sul fronte dell’immigrazione: dalla revisione della legge Bossi-Fini alla definizione di una legge sull’asilo.

Il presidio è iniziato con una commemorazione funebre per ricordare la tragedia di Lampedusa. Alcuni rappresentanti hanno portato simbolicamente a spalla le bare di cartone, e officiato un rito funebre in diverse lingue. Poi un corteo silenzioso ha attraversato piazza Montecitorio. Molti i volti commossi degli eritrei che così ricordano oggi i loro connazionali morti con funerali che si svolgono sotto la sede del governo italiano.

 

“I profughi: vittime di una società barbara e innocente”, si legge nello strincione che hanno affisso sotto la piazza del Parlamento. E ancora “Mediterraneo mare di morte, Eritrea paese di morte”, “Abbasso i mercanti di morte”, recitano gli altri cartelli. Mentre tutti i partecipanti indossano una maglietta nera con su scritto “l’unico responsabile della tragedia di Lampedusa è il regime di Afwerky”.

Abbiamo deciso di organizzare questa manifestazione per contestare l’Italia e il modo in cui ha gestito la situazione -spiega Desbele Mehari, uno dei promotori della manifestazione -. Prima di tutto per quanto riguarda i funerali delle vittime di Lampedusa. Prima l’Italia ha annunciato funerali di Stato, poi le esequie sono state svolte, quasi di nascosto ad Agrigento, dove parenti e amici per il poco preavviso non sono potuti andare. E soprattutto non hanno permesso ai superstiti di partecipare, ma hanno invitato l’ambasciatore eritreo. E’ una cosa assurda e scandalosa, perché questo signore rappresenta il governo eritreo che è invece l’unico responsabile della strage. L’Italia non dovrebbe intrattenere rapporti diplomatici con regimi dittatoriali come quello di Afwerky“.

Al centro del presidio però anche la gestione dell’accoglienza in Italia. La comunità eritrea chiede di sapere che fine faranno i superstiti di Lampedusa, ma soprattutto che indirizzo intende prendere l’Italia sulla gestione dei profughi.

Chiediamo che si apra un corridoio umanitario nei paesi di partenza e di transito dei migranti -aggiunge Mehari -. Altrimenti questo disastro si ripeterà anche in futuro, ci sono migliaia di giovani in eritrea che aspettano di imbarcarsi. Poi vogliamo capire -continua – che futuro avranno i superstiti della strage. Se l’Italia non è in grado di dargli accoglienza devono poter andare negli altri paesi, dove possono ottenere i loro diritti, come la Svezia, che si è già resa disponibile. Infine vogliamo la revisione della legge Bossi-Fini e che l’Italia si doti di una legge sull’asilo per essere al passo con gli altri paesi europei

Al presidio sono giunti eritrei  provenienti dalle diverse città d’Italia. La manifestazione è proseguita fino alle 13, quando una delegazione è stata ricevuta dalla presidente della Camera Laura Boldrini, la ministra dell’integrazione Cècile Kyenge  e da un rappresentante del ministero degli Esteri.

 

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Di Michele Docimo

Aversano (in prestito a Trieste), eterno indeciso: giornalista free lance, comunicatore sociale, fotoreporter, videomaker, copywriter, storyteller, formatore, speaker ed autore radiofonico. Dirige NOTIZIE MIGRANTI [www.ntoziemigranti.it] e CONTRASTOTV [www.contrastotv.it]. E’ presidente di MIGR-AZIONI APS [www.migr-azioni.info]. A sei anni ha imparato a leggere e da allora non ha più smesso. Oggi sta cercando di imparare a scrivere. È convinto che gli africani salveranno gli italiani.

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