Settembre 2017, parco dell’università Al Hazar del Cairo, Egitto, insieme all’amico Ahmed Alaa, Sarah Hijazi, al concerto della band libanese Machrou Laila, sventola la bandiera arcobaleno dei diritti lesbo-gay-bisex-transgender.

Il leader del gruppo, Ahmed Sinno, considerato il Freddie Mercury arabo, canta “Digli che siamo ancora in piedi! Digli che stiamo resistendo! Digli che abbiamo ancora gli occhi per vedere! Digli che non abbiamo fame!”.
“Shim el-Yesmine”, Annusa il Gelsomino, è la canzone più popolare dei Mashrou Leila, inno dei gay arabi.

La foto di Sarah e Ahmed finisce su tutti i media egiziani, è l’immagine di un gesto imperdonabile per i leader religiosi egiziani che chiedono una severa punizione.

In Egitto l’omosessualità è punita con una legge del 1961 e l’Islam e tutta la società egiziana la considerano una “pratica d’abituale depravazione”, anche se è antica e diffusa.
Sarah finisce, con altri 77, in carcere per un anno, torturata, stuprata con continue “ispezioni corporali” dalla polizia egiziana, minacciata e offesa in continuazione.
Libera su cauzione, grazie ad una campagna internazionale di raccolta fondi, vive gli ultimi due anni della sua vita in Canada come rifugiata politica.
Gli ultimi due anni di una breve vita perché, domenica 14 giugno 2020, a soli 30 anni, Sarah Hijazi, attivista Lgbt egiziana, si suicida, decidendo di smettere di soffrire per le ferite mai rimarginate.

La tragica storia di Sarah Hijazi conferma il netto peggioramento della situazione dei diritti umani in Egitto, dalla salita al potere del presidente Abdel Fattah al-Sisi.

Il suo ultimo post su Facebook è stato quasi un avvertimento, “Il cielo è più dolce della Terra! E io voglio il cielo, non la Terra!”.

L’ultimo messaggio ai suoi fratelli è stato scritto a mano su un biglietto, lasciato sul tavolo della cucina:
“Ai miei fratelli e sorelle, ho provato a sopravvivere e ho fallito, perdonatemi. Ai miei amici, l’esperienza è dura e sono troppo debole per resistere, perdonatemi. Al mondo, sei stato davvero crudele! Ma io perdono.”

Parliamone...

Di Giovanni D'Errico

Originario della provincia di Napoli, ho studiato sociologia e da sempre lavoro nel terzo settore come mediatore culturale. A ciò si aggiunge una passione per l’immagine (fissa e in movimento) che mi porta spesso a scuola ad insegnare ai ragazzi come comunicare con il linguaggio multimediale. Ho deciso di contribuire al progetto di Notizie Migranti perché sono avvilito da come si parli sempre peggio del fenomeno delle migrazioni; c’è bisogno di raccontare davvero l’immigrazione, senza i condizionamenti che impone il consenso elettorale, portando la narrazione ad un livello più profondo, ad un livello umano.

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