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Hong Kong e la caccia alla democrazia


Libri, bandiere, slogan e frasi con riferimenti alla democrazia: la caccia è aperta. La difesa dei diritti fondamentali rischia di diventare reato a Hong Kong, in nome del diritto a una libertà che verrebbe per contro garantita dal nuovo stato di “sicurezza” introdotto dalla legge nazionale approvata di recente. Il testo, firmato a fine giugno dal presidente della Cina Xi Jinping, punisce, con pene fino all’ergastolo, i reati di sovversione, secessione, terrorismo e collusione con forze esterne. Per la sua attuazione è prevista la costituzione di un’agenzia sulla sicurezza nazionale nei territori di Hong Kong, supportata dal lavoro di consulenti del governo centrale, incaricati di sorvegliare l’applicazione della legge.

Tra i libri pro-democrazia misteriosamente scomparsi dalle biblioteche e definiti “in attesa di valutazione” dal governo cinese, il fermo degli attivisti via web e la fuga di freelance che pensano di lasciare Hong Kong per le ricadute sulla libertà di espressione, la legge sulla sicurezza nazionale inizia a colpire: il primo imputato è il ventitreenne Tong Ying-Kit, accusato di aver guidato una moto contro un gruppo di poliziotti sventolando una bandiera con sopra la scritta “Liberare Hong Kong, la rivoluzione del nostro tempo”. Il ragazzo è ora accusato di secessione e di terrorismo, secondo la nuova legge nazionale.

Dure le reazioni da più parti: il console generale degli Stati Uniti a Hong Kong e Macao, Hanscom Smith, ha dichiarato ai giornalisti “Hong Kong ha avuto successo proprio grazie alla sua apertura e noi faremo tutto il possibile per mantenere questo stato di cose” (Rainews). Anche Joshua Wong, noto militante pro-democrazia, lancia il suo appello al mondo perché “sia solidale con Hong Kong”. Come riportato dall’Agi, la Chiesa si schiera e lo fa attraverso le parole del Cardinale Bo, arcivescovo di Rangoon e presidente della Federazione delle conferenze episcopali asiatiche: “Tale legge indebolisce le libertà a Hong Kong e minaccia l’alto grado di autonomia”. L’invito è quello di pregare per Hong Kong, per la Cina e per il suo popolo.

Intanto la scorsa settimana il Canada ha annunciato la fine delle esportazioni di materiale militare sensibile e la sospensione del trattato di estradizione con Hong Kong, causando una dura reazione della Cina che minaccia “conseguenze”; tensioni diplomatiche iniziate dall’arresto, nel dicembre 2018 a Vancouver su richiesta degli Usa, di Meng Wanzhou, responsabile finanziario di Huawei e figlia del fondatore del colosso cinese delle telecomunicazioni, a cui è succeduto l’arresto, in Cina, dei canadesi Michel Kovrig e Michael Spavor, accusati di spionaggio (Adnkronos).

Elena Mascia

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