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Vite in attesa con data da…destinarsi


Le vittime indirette del Covid, intrappolate nelle maglie di liste d’attesa infinite, e i numeri dell’emergenza.

Un primo semestre dell’anno disastroso, e la corsa del secondo semestre per recuperare il dato allarmante: circa 18 milioni le prestazioni sanitarie rinviate dall’inizio della pandemia a oggi sul territorio nazionale. Il dramma di pazienti e famigliari in attesa di liste che non contano e numeri che non tornano, almeno per ora. Un’emergenza nell’emergenza denunciata dal Tribunale del Malato e espressa nelle parole della dott.ssa Paola Pellicciari, che per Vita ha dichiarato: «È allarme per le cure e le visite sanitarie rinviate dall’inizio della pandemia». 

Partiamo dai numeri: ben 4 milioni di screening oncologici rinviati senza data certa, 300mila i ricoveri non effettuati, 500mila gli interventi chirurgici posticipati e le cifre impressionanti che riguardano le visite specialistiche sospese, che raggiungono quota 13 milioni.

Dietro ad ogni numero, una persona, dietro ad ogni paziente, la sua storia, fatta di preoccupazioni, di pensieri che la mente non rinvia a data da destinarsi; dietro queste vite in attesa, i famigliari impotenti che gravitano attorno a ognuna di queste vittime. Si chiamano vittime indirette del Covid-19, e sono rappresentate da tutte quelle persone che, pur non avendo contratto il virus, sono costretti a subirne le conseguenze. 

E se la Lombardia fa un balzo in avanti imponendo alle Ats il recupero delle prestazioni specialistiche ambulatoriali rinviate causa Covid, con una delibera ad hoc e l’obbligo di eseguire, nel secondo semestre 2020, un numero di prestazioni  “pari ad almeno il 95% di quelle eseguite nello stesso periodo dello scorso anno”, accompagnata dal Piemonte che stanzia  35 milioni e 200mila euro per ridurre le liste di attesa attraverso un vero e proprio Piano operativo presentato con delibera  rispondente al Decreto legge 104 del 14 agosto 2020, il rapporto prestazioni erogate-prestazioni rinviate, resta  preoccupante. Si attendono, con gli occhi puntati, i risultati che produrrà il recente stanziamento estivo: un totale di 9 milioni e 872mila euro, che il Governo ha previsto per ridurre le liste d’attesa relative a prestazioni ambulatoriali, screening e ricoveri ospedalieri.

Intanto il dubbio sollevato nell’intervista dalla dott.ssa Pellicciari è chiaro e fa riferimento ai pazienti “invitati” dalle stesse strutture pubbliche con agenda piena a rivolgersi a strutture private: «Non intendiamo demonizzare la sanità privata, ma o loro non devono rispettare le norme anti-contagio per il Covid, oppure c’è di più di qualcosa che non funziona nella sanità pubblica». 

Si cercano altri segnali positivi, come quelli che riassume il Segretario Nazionale Anaao Assomed, Carlo Palermo, all’indomani del varo del ddl bilancio 2021 da parte del Consiglio dei Ministri: «Particolarmente apprezzabile la destinazione al personale di circa il 60% della spesa, sia sotto forma di incrementi retributivi che di procedure per le assunzioni. Mentre sarà da valutare l’entità e la modalità di distribuzione degli incrementi, l’intervento sulle assunzioni non può, però, limitarsi ad una semplice proroga dei contratti di varia tipologia attivati a marzo, peraltro in numero insufficiente per quanto riguarda i medici, sia per fronteggiare la pandemia sia, più in generale, per garantire la piena operatività del servizio pubblico. Occorre avviare procedure semplificate per nuove assunzioni contrattualizzate, sia pure a tempo determinato, attingendo, in mancanza di specialisti, al bacino dei medici specializzandi degli ultimi due anni».

E prosegue: «Mancano ancora almeno 6000 medici e dirigenti sanitari per supportare il notevole incremento dei carichi di lavoro provocato dalla pandemia, e dalla conseguente attivazione di nuovi posti letto, mettendo in conto anche la necessità di dover isolare quanti di loro vengano eventualmente contagiati. Non possiamo perdere questa occasione per rinforzare la trincea negli ospedali, anche per garantire in futuro la piena operatività del servizio pubblico».

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