Siamo le vittime di violenza sessuale, siamo le donne, le ragazze, che non fanno notizia ai tempi del Covid. La violenza dell’ondata su di noi non si è mai arrestata, ma il silenzio ha spento l’attenzione sul nostro dolore e sul tanto, troppo lavoro, ancora da fare

foto di Gabriel Benois

Numero contagi, numero morti giornalieri, scuole aperte sì, scuole aperte no; apertura a Natale o chiusura totale, autonomia alle Regioni, report sanitari, dichiarazioni di virologi. Le nostre giornate sono piene di dati, di numeri, di notizie che tracciano, o almeno cercano di tracciare il numero dei contagi.
Un continuo diffondere minuto per minuto che riempie ogni spazio mentale e fisico: non c’è spazio per pensare ad altro, non c’è spazio per comunicare praticamente nient’altro. Eppure, tutto questo “altro” continua a capitare, come nel caso delle violenze sessuali, che non smettono di accadere, senza paura del Covid, senza paura del contagio, senza paura della pandemia.

Ieri a Milano, una donna di 35 anni è stata vittima di violenza sessuale durante una lite famigliare. Il 24 ottobre è stata emessa un’ordinanza nei confronti di un 30nne di San Giorgio a Cremano indagato per atti persecutori, tentata violenza sessuale e violenza privata. Proprio in questi giorni si è allargato da 4 a 8 il numero degli indagati per la violenza sessuale avvenuta ai primi di settembre a Pisticci: vittime, due ragazze inglesi di soli quindici anni.

Sempre durante il mese di ottobre, è stato confermato lo stupro di gruppo da parte di tre uomini ospiti di una famiglia durante il lockdown e perpetrato ai danni di una dodicenne; una settimana fa, un 34nne residente a Guspini, in Sardegna, è finito in carcere con l’accusa di atti persecutori, violenza sessuale, nei confronti della ex fidanzata 24nne; pochi giorni fa, la titolare di un ristorante a Milano, è stata vittima di violenza sessuale agita da un cliente 34enne che l’ha attesa fino alla chiusura. Il primo di ottobre si è convalidato l’arresto per l’autore della violenza sessuale avvenuta a Ferrara il 29 luglio: l’accusato avrebbe dato della droga alla stessa sedicenne, poi costretta ad avere un rapporto sessuale. Nella metà di ottobre, a Parma, è stato invece arrestato un 24nne accusato di violenza sessuale nei confronti di due commesse alle quali aveva chiesto poco prima informazioni per l’acquisto di un paio di pantaloni. Torniamo a Milano, dove, alla fine del mese di settembre, una ragazza di vent’anni è stata vittima di violenza sessuale al Parco Nord. Tentato stupro invece a Vieste, qualche giorno fa, nei confronti di una 71nne tedesca da parte di un uomo di 45 anni.

Tutti i riferimenti sopra riportati sono liberamente consultabili nella sezione notizie del vostro motore di ricerca, inserendo come parole chiave “violenza sessuale”. Una ricerca che vi consiglio di ripetere tra qualche giorno in autonomia, perché ho la triste consapevolezza che ne troverete sicuramente degli altri: nuovi casi di violenza sessuale, nuove vite interrotte dalla frattura di un trauma esteso e lacerante, nel silenzio di una pandemia che copre la voce di piaghe sociali scomposte per tipologia, ma unite dall’impotenza di dover agire nell’emergenza di un pericolo come quello del Covid. Non c’è DPCM che possa mettere in scurezza le donne, non c’è restrizione che possa dare respiro, c’è però il rischio di una seconda ondata, di una terza e di una quarta anche. Perché la violenza non è un virus che aspetta il vaccino, ma è un fenomeno che chiede costante osservazione e valutazione di intervento. Non si fermerà, se non saranno gli uomini a farlo.

Parliamone...

Di Elena Mascia

Ho iniziato a scrivere da bambina, per necessità, per aprire una finestra sul mondo di qualcun altro come quelle che mi venivano aperte dai libri che leggevo, da uno in particolare che non dimenticherò: Saltafrontiera, che a soli nove anni mi aveva trasportato nella vita, nelle difficoltà, nelle tradizioni, di bambini provenienti dai più diversi paesi al mondo. Non ho mai smesso di interessarmi alle tematiche sociali, non ho mai smesso di desiderare di poter ascoltare e raccontare le storie di vita vera e vissuta, senza distinzioni. E' per questo che sono diventata giornalista pubblicista, per continuare a raccontare l'invenzione della verità, che non ha niente di sorprendente, solo rapporti di causa ed effetto tra incroci di vita, di luoghi e di persone, l'unica strada che non voglio abbandonare.

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