Da quando è iniziata la pandemia, i lavoratori e le lavoratrici di Amazon stanno rischiando la salute e la vita per garantire che beni essenziali siano consegnati davanti le nostre case, contribuendo così ad assicurare ad Amazon profitti record. Dato questo contesto, è allarmante che Amazon manifesti ostilità per i tentativi di organizzarsi in sindacato: essendo una delle più potenti aziende del mondo, questa materia dovrebbe conoscerla bene”. Queste le parole di Barbora Černušáková, ricercatrice e consulente di Amnesty International sui diritti economici, sociali e culturali.

“Lo denunciamo oggi”  – si legge nell’appello – “in occasione del Black Friday (uno dei più importanti momenti di vendite dell’anno) con un rapporto intitolato “Amazon lasci i lavoratori organizzarsi in sindacato” che descrive in che modo l’azienda tratta i lavoratori in Francia, Polonia, Regno Unito e Stati Uniti d’America”.

Dalle ricerche di Amnesty è emerso come Amazon abbia contrastato i tentativi dei lavoratori di organizzarsi in sindacato e avviare trattative collettive, attraverso la sorveglianza negli Usa e la minaccia di azioni legali nel Regno Unito, e non abbia assunto provvedimenti-chiave per assicurare la salute e la sicurezza dei lavoratori in Francia e Polonia”.

Parole pesanti ad evidenziare che durante la pandemia di Covid-19, “i profitti di Amazon sono aumentati vertiginosamente e il suo CEO, Jeff Bezos, è diventato la persona più ricca del mondo. In contemporanea, i lavoratori di Amazon hanno continuato a lottare per ottenere condizioni di lavoro migliori e sicurezza sul lavoro”.

L’appello di Amnesty è chiaro: “Iscriversi a un sindacato è un diritto. I sindacati sono fondamentali: aiutano i lavoratori e le lavoratrici a negoziare con i loro datori su salari, orari e altre condizioni di lavoro. I sindacati sono stati fondamentali nella protezione dei diritti umani delle lavoratrici e dei lavoratori di Amazon, soprattutto durante questa pandemia”.

Nello specifico si legge che:“Amazon prende di mira e intimidisce i lavoratori che chiedono condizioni di lavoro migliori e più sicure”. L’appello rivolto al CEO di Amazon, Jeff Bezos, chiede di rispettare i diritti dei lavoratori e consiste in queste righe:

Mr. Jeff Bezos
Amministratore delegato di Amazon
jeff@amazon.com

Gentile signor Bezos,

Sono preoccupato dalle notizie e dai rapporti secondo cui Amazon sta interferendo con i diritti organizzativi dei lavoratori, investendo risorse significative nel loro monitoraggio e percependo come “minaccia” una potenziale attività sindacale.

Lei afferma di apprezzare i suoi lavoratori, ma per poter essere credibile deve rispettare il loro diritto a iscriversi al sindacato e garantire i diritti di quelli che agiscono collettivamente rivendicando miglioramenti all’interno del posto di lavoro.

Io sto dalla parte delle lavoratrici e dei lavoratori di Amazon e continuerò a seguire per vedere quali modifiche verranno fatte per garantire che i loro diritti siano veramente rispettati.

Amnesty accusa Amazon di “aver minato i tentativi di sindacalizzazione in diversi paesi. Le accuse includono la società che monitora e analizza i gruppi privati ​​di Facebook dei lavoratori e delle lavoratrici, un’affermazione che la multinazionale non ha negato. Ci sono prove che Amazon abbia speso centinaia di migliaia di dollari per un nuovo sistema tecnologico per spiare i lavoratori. Alcuni di quelli che hanno espresso preoccupazione per le cattive condizioni di lavoro durante il Covid-19 hanno subito azioni disciplinari o sono stati licenziati. Il diritto internazionale è chiaro. Tutti hanno il diritto di costituire associazioni sindacali e di aderirvi”.

Parliamone...

Di Elena Mascia

Ho iniziato a scrivere da bambina, per necessità, per aprire una finestra sul mondo di qualcun altro come quelle che mi venivano aperte dai libri che leggevo, da uno in particolare che non dimenticherò: Saltafrontiera, che a soli nove anni mi aveva trasportato nella vita, nelle difficoltà, nelle tradizioni, di bambini provenienti dai più diversi paesi al mondo. Non ho mai smesso di interessarmi alle tematiche sociali, non ho mai smesso di desiderare di poter ascoltare e raccontare le storie di vita vera e vissuta, senza distinzioni. E' per questo che sono diventata giornalista pubblicista, per continuare a raccontare l'invenzione della verità, che non ha niente di sorprendente, solo rapporti di causa ed effetto tra incroci di vita, di luoghi e di persone, l'unica strada che non voglio abbandonare.

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