Copy and paste war. Armi di distrazione di massa

Care Compagne di viaggio e cari compagni di viaggio,
E così, gli Stati Uniti sono entrati in guerra contro l’Iran. Al fianco di Israele.
Alla guida? Donald Trump, tornato sulla scena come un reboot che nessuno aveva richiesto. Il pretesto? Le solite, immancabili, armi di distruzione di massa. Un’accusa così originale che è scritta su carta carbone dal 2003.
Tutto già visto, gente. Saddam, ve lo ricordate?
Le provette, le mappe, le “fonti certe”. Poi, una volta raso al suolo un Paese, ops: “ci siamo sbagliati”.
Ma ormai, chissenefrega. L’importante è che l’opinione pubblica abbia qualcosa su cui sfogarsi tra un talk show e un’intervista a un generale in pensione.
Nuovo giro, nuova corsa. Un altro Paese da bombardare per “esportare la democrazia”, possibilmente via aereo perchè, si sa, le operazioni di terra stancano.
Ma questa volta con il trailer già visto, i personaggi riciclati e lo stesso copione bugiardo.
Solo che ora le bombe sono più intelligenti… e l’umanità, più anestetizzata.
E intanto, la diplomazia muore. Muore senza funerale, senza applausi. Solo silenzio.
I media fanno da megafono alla paura. Le voci critiche vengono etichettate come “ingenue”, o peggio ancora : come “pacifiste”, come se pacifista fosse un insulto.
E noi? Noi, che già all’epoca di Bush e Saddam dicevamo che qualcosa non tornava, oggi ripetiamo la stessa musica, e quel disco, sempre lo stesso, a furia di suonare è sempre più graffiato: la guerra non è mai una soluzione.
È solo un investimento per chi produce armi e un debito per chi perde la pace.
E chi perde la pace, … perde tutto.
Se questa è la nuova crociata del mondo libero, permetteteci di dire che preferiamo essere scomunicati.
Perché non ci basta più dire “no alla guerra”. Serve urlare . Serve organizzarla, la pace.
Serve un esercito di disertori morali del pensiero unico bellicista.
Questo è Politicamente Scorretto l’unico editoriale dove le armi di distruzione di massa le chiamiamo col loro vero nome: armi di distrazione dal pensiero.

Foto di Shima Abedinzade da Pixabay

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