Più che fondata “sul lavoro” come recita l’art.1 della Costituzione, ultimamente l’Italia sembra una vera e propria Repubblica fondata sull’insulto; numerose sono ormai le ricerche che dimostrano come il linguaggio online sia ormai inquinato ed intriso di discorsi a dir poco tossici nell’arena sociale del web trasformata in uno stadio che vede la presenza di vere e proprie fazioni “ultras” da un verso o dall’altro.

Nulla che nel tempo non si fosse già palesato, questo è certo, ma negli ultimi tempi, complice anche il clima politico giallo, verde, cipria, indaco ed ècru, si è sdoganato un certo “politically correct”, magari ipocrita, ma che faceva da filtro a questa cloaca che è diventato il confronto, in cui ognuno si sente autorizzato davvero ad abortire qualsiasi pensiero proveniente dalle viscere più profonde dell’insoddisfazione personale e della frustrazione…

Insomma, sono stati chiusi i porti ma sembra che si siano aperte le stalle….

Immigrati, donne, vaccini, banche, complotti, omosessuali, carnivori, animalisti, aborto.. numerosi sono i target ed i gruppi sociali verso cui veri e propri sciami di writer 2.0 (anche se sarebbe più idoneo il Webeti di Mentana concezione) si scagliano in quello che Alberto Prunetti definisce “fascismo del senso comune” che alimenta raid virtuali contro i nemici del momento.

Il caso dell’Acquarius, ma quello dei salvataggi in mare e delle migrazioni forzate in genere, per noi operatori del settore accoglienza dei richiedenti asilo è stato ed è emblematico. Orde di disorientati sociali hanno cominciato a snocciolare numeri presi magari dal cartone del latte, a parlare di Africa essendo stai al massimo in vacanza a Sharm el Sheik, a parlare dei viaggi della speranza in mare stando con le natiche comodamente appoggiate alla poltrona, a parlare di povertà senza mai esser stati in un centro di accoglienza, in un campo rom, in un campo di coltivazione del pomodoro o in un campo di coltivazione di cioccolato o altre “esoticità” presenti nel “sud” del mondo ed altre amenità che sono dei veri e propri aborti, delle violenze continue ad occhi ed orecchie costretti a leggerle ed ascoltarle.

Che ne è stato degli “Italiani brava gente”?! Richiami sparsi all’umanità, gli immancabili ashtag con cui ogni giorno #siamo qualcuno o qualcosa ed altra sterile retorica a go-go tutta naturalmente e comodamente scritti dal computer di casa o dallo smartphone tra un mojito e l’altro che d’estate fa tanto figo e comunque acchiappa più like di un articolo relativo ai centri di detenzione libici ed alle condizioni dei migranti li rinchiusi ultimamente definiti dal tuttologo del niente Salvini come “centri all’avanguardia in cui smontare la retorica della tortura”.
Luciana Landolfi nel suo libro lo indica chiaramente : “Possiamo essere spettatori urlanti o spettatori silenti: ma questo non cambia la nostra natura di spettatori, fino a quando non decidiamo che quella partita la vogliamo giocare in prima persona. Chi giudica non è sostanzialmente diverso da chi tace, ma chi giudica offre frustrazione senza soluzione, soprattutto senza indicare quale sia e sarà il suo preciso impegno per risolvere la situazione di cui si lamenta. Appare socialmente più “coinvolto e attivo” ma ciò che di fatto avviene è un risucchio energetico
Se non si può o non si vuole far nulla per migliorare la situazione, è meglio tacere. Ma allora cosa fare?

Sicuramente è tempo di smetterla con quella che il buon Andrea Scanzi definisce “Olimpiadi di doglianze della sinistra” (sinistra in senso lato ovviamente) ossia quell’atteggiamento di mera “lagna” di fronte ad affermazioni che sono esposte in modo vomitevole e disumano ma che in fondo provengono da problemi reali come la gestione dei flussi migratori e l’accoglienza dei richiedenti asilo che io, da interno, riconosco e chiunque con un minimo di onestà intellettuale ed amore per la propria “vocazione al prossimo” dovrebbe riconoscere.

L’informazione e la consapevolezza delle dinamiche che ruotano intorno alle questioni sollevate da questi “bulli consci di esserlo” possono aiutare a sbugiardare a pieno queste fantasticherie, possono dar vita ad un confronto ed un dialogo costruttivo, magari. Non bisogna sottovalutare i cosiddetti haters, ma incalzarli in punta di fioretto, a volte ripagandoli anche della stessa moneta, “attaccando” sui contenuti.. e questo lo si può fare solo informandosi, ponendosi domande perché dall’altro lato si ha persone come il Sottosegretario Bergonzoni che “non leggo da 3 anni”.
Meno indignazione (da salotto) e più attivazione.

Matteo Vairo

Parliamone...

Di Matteo Vairo

Classe ’88, nato in Puglia ma cresciuto o meglio, adottato, da mamma Toscana, svezzato a pane acqua e Croce Rossa Italiana, da subito mi sono reso conto di quanto molte persone fossero infastidite dalla “puzza” della vulnerabilità ed al contrario io ne fossi maledettamente “attratto” e più ce n’era più mi ci avvicinavo. Laurea in tasca in “Operazioni di Pace, Gestione e Mediazione dei Conflitti” ho proseguito la ricerca del mio posto nel mondo, trovandolo negli ambienti legati ai richiedenti asilo ed al mondo delle migrazioni forzate in genere. Dopo anni di volontariato, dall’assistenza agli sbarchi alla gestione, attualmente svolgo la mia professione in un CAS con l’Associazione San Benedetto al Porto di Don Gallo, comunità in cui ho trovato risposte al mio vivere prettamente “in strada”. Inguaribile viaggiatore, mi ritengo un “camaleonte culturale”, dettato oltre che dall’indole anche dal contatto con le varie realtà interculturali che mi affascinano e rapiscono sempre più. Per i diversi fenomeni sociali ed il terzo settore in genere ho realizzato eventi formativi/informativi e collaboro con diverse realtà associative e giornalistiche interessate a quanto il criceto che gira nella ruota della mia mente è in grado di partorire. Letture d’inchiesta ed inerenti i fenomeni di guerra e pace/aiuti umanitari/sanità in zone a rischio e cucina completano le mie passioni.

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