Gli scontri di terra e i bombardamenti aerei nello stato sudanese del Kordofan meridionale stanno provocando un nuovo esodo – circa 100 persone al giorno – verso il Sud Sudan. I rifugiati arrivano nella città frontaliera di Yida, nello stato sud-sudanese di Unity, in precarie condizioni di salute e senza niente con loro.

Sono arrivati nel campo di Yida per procurarsi un alloggio – riferiscono alcuni agli operatori dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) – e poi ritorneranno in Sudan a prendere i propri famigliari. Non sono fuggiti solo per il timore dei bombardamenti e delle truppe presenti sul territorio – aggiungono – ma anche per la grave scarsità di cibo.

L’Agenzia dell’ONU per i Rifugiati prevede che, con la fine della stagione delle piogge e se vi sarà un’ulteriore escalation dei combattimenti nel Kordofan del sud, questo flusso di rifugiati verso Yida aumenterà. Con l’incremento degli arrivi, entro la fine dell’anno i rifugiati potrebbero raggiungere le 80mila persone.

Il remoto campo di Yida attualmente accoglie 64.229 rifugiati, pertanto per evitare il sovraffollamento e i rischi per la salute che ne conseguono saranno necessari ulteriori siti.

Col crescere della tensione nelle aree di frontiera, permane quindi la grave preoccupazione dell’UNHCR per la sicurezza dei rifugiati che si trovano nell’insediamento di Yida, situato molto vicino al confine. Il fatto che l’insediamento per rifugiati si trovi in aree di frontiera altamente militarizzate e vicine a una zona di conflitto ostacola i tentativi di preservare il carattere civile e umanitario dell’asilo, perchè risulta difficile separare i combattenti dai civili. In questa località la sicurezza dei rifugiati non può essere garantita. L’Agenzia continua quindi a richiedere – insieme alla comunità dei rifugiati – il trasferimento in un’area più sicura non appena le strade saranno nuovamente transitabili.

L’UNHCR sostiene le autorità del Sud Sudan nel loro impegno teso a garantire che non vi siano armi o combattenti nel campo e che la pratica del reclutamento sia evitata. Di recente, comunque, la ricerca di armi nell’insediamento ha dato luogo ad episodi di detenzione arbitraria e di abuso nei confronti dei rifugiati. In collaborazione con le agenzie partner, l’UNHCR ha monitorato la situazione ed è intervenuto per assicurare il rilascio delle persone poste in detenzione.

Nello stato sud sudanese di Upper Nile nel frattempo l’Agenzia teme che le strade principali che conducono ai campi – dove risiedono circa 105mila rifugiati – possano essere rese impraticabili dalle forti piogge e dalle inondazioni.

Proprio quando le intense campagne sull’igiene e sulla nutrizione avviate lo scorso luglio cominciavano a mostrare i primi positivi effetti, le agenzie umanitarie si trovano a dover affrontare nuove sfide. Mentre i tassi di mortalità stanno tornando al di sotto della soglia d’emergenza e il livello di malnutrizione sta rapidamente migliorando, un’insorgenza di epatite E diventa causa di grave preoccupazione e dev’essere contenuta al più presto.

Molte strade sono ancora allagate e potrebbero presto diventare impraticabili. In alcune aree, ad esempio, sulle principali rotte di rifornimento vi sono tratti anche di 3 chilometri sotto 50 centimetri d’acqua.

Finora la popolazione locale nella città di Bunj è stata la più colpita e a breve saranno messi in atto interventi di assistenza. Desta particolare preoccupazione nell’UNHCR la situazione dei rifugiati nel campo di Doro – adiacente alla città di Bunj – dove circa 75 famiglie nei giorni scorsi sono state colpite dalle inondazioni. Sono state trasferite in aree asciutte all’interno dei campi e hanno ricevuto assistenza specifica, come coperte per i bambini con meno di 5 anni. Finora gli altri campi – Jammam, Yusuf Batil e Gendrassa – non sono stati colpiti.

Nel corso del fine settimana gli operatori umanitari hanno consegnato nel campo di Doro 14 tonnellate di generi alimentari di prima necessità. Doro è uno dei 4 campi dello stato di Upper Nile, una regione ampiamente colpita dalle piogge stagionali, che potrebbe subire ulteriori danni se quest’anno le acque alluvionali provenienti dagli altopiani dell’Etiopia raggiungeranno il Sud Sudan.

Tra circa 6 settimane la stagione delle piogge terminerà e l’accesso e le condizioni negli insediamenti di rifugiati miglioreranno, ma l’UNHCR e le agenzie partner prevedono nuovi flussi di rifugiati provenienti dallo stato sudanese di Blue Nile. Si teme inoltre che, con il peggiorare delle condizioni oltrefrontiera, i nuovi arrivati si presenteranno in grave stato di malnutrizione. Ciò ancora una volta costituirà una importante sfida per la comunità umanitaria.

Attualmente il Sud Sudan accoglie circa 201mila rifugiati, oltre 170mila dei quali vivono negli stati di Unity e Upper Nile.

I finanziamenti necessari per le operazioni dell’UNHCR in Sud Sudan ammontano a 186 milioni di dollari, per l’assistenza dei rifugiati sudanesi in fuga dagli stati del Kordofan meridionale e di Blue Nile. Finora l’Agenzia ha ricevuto contributi per 71 milioni di dollari – pari al 38% della cifra richiesta – principalmente da parte di governi. L’UNHCR fa appello ai donatori privati affinché garantiscano il loro sostegno per l’emergenza in Sud Sudan.

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Di Redazione

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