Perché raccontare il Natale invisibile

Il Natale è uno dei pochi momenti dell’anno in cui tutto sembra rallentare. Le città cambiano ritmo, il linguaggio si addolcisce, la realtà viene sospesa in una parentesi di luci e buoni sentimenti.

È proprio in questa sospensione che molte cose diventano invisibili.

Chi lavora mentre gli altri festeggiano. Chi attraversa confini che non vanno in vacanza. Chi vive il primo Natale lontano da casa. Chi resta escluso da una retorica che parla di accoglienza senza praticarla.

Raccontare il Natale da un’altra parte non significa negare, o guastare, la festa. Significa rifiutare l’idea che esista un solo punto di vista legittimo. La normalità delle celebrazioni, in Italia come altrove, poggia su lavoro invisibile, disuguaglianze strutturali, conflitti che non conoscono tregua.

Questa serie nasce da qui. Non per “commuovere”, né per salvare nessuno. Ma per osservare cosa accade quando si spostano le luci, quando si ascoltano voci che di solito restano fuori dall’inquadratura. Perché il Natale, come ogni fatto sociale, è anche un fatto politico.

Leggere queste storie non richiede adesione emotiva. Richiede attenzione. E forse, a volte, silenzio.

Il Natale di chi lavora mentre gli altri festeggiano

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