Manichini col tumore. Pirozzi: “Noi, morti che camminano”

photo credit: Michele Docimo
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[di Mariano Scuotri] AVERSA – Dei manichini trasparenti, come trasparente dovrebbe essere tutto ciò che accade all’interno del nostro territorio, ma che non lo è stato per troppo tempo.

Manichini con dentro una macchia nera, simbolo di quella malattia che ormai è una piaga sociale per chi abita la nostra “Terra di Lavoro”, ora “Terra dei veleni”.

Manichini di persone che passeggiano intente a fare qualcosa, ma che nella loro quotidianità si rendono consapevoli del loro essere “morti che camminano” e trovano il coraggio di rivendicare finalmente la propria vita.

Sono questi i profondi significati delle sculture di plastica apparse stamattina a Piazza Municipio, ad Aversa, quarta tappa di un percorso che vede l’arte assumere la funzione di denuncia sociale, ideata da Giovanni Pirozzi, giovane artista di San Cipriano d’Aversa, in collaborazione con varie associazioni del territorio, tra le quali “Work in Progress”.

«L’idea è nata – ha spiegato Pirozzi – quando partecipai a dei convegni sullo scottante tema della terra dei fuochi e notai poca partecipazione da parte della cittadinanza. L’obbiettivo primario è stato quindi quello di fare in modo che fosse il problema stesso del tumore a rendersi visibile fuori le case delle persone, persone che troppo sono state indifferenti pensando che si trattasse di un qualcosa che non toccasse mai loro. Io stesso invece ho perso dei miei cari amici per un tumore e sono stato operato anni fa per lo stesso problema».

«È stata la prima volta – prosegue Pirozzi – dopo quindici anni di attività che ho utilizzato questa forma di arte itinerante, che scendesse in strada in mezzo alla gente. L’utilizzo della plastica – conclude – ha invece uno specifico significato: non si può introdurre un nuovo materiale all’interno della vita dell’uomo senza dare un preciso criterio di smaltimento dei rifiuti, facendo in modo che una bottiglia ci metta 150 anni a decomporsi, influendo così negativamente sull’ambiente».

Una forma di arte quindi, che ha puntato ad un impatto simbolico sui cittadini, e che ha marcato ancora di più il nesso tra lo sproporzionato numero di rifiuti tossici sotterrato negli anni e la lista di morti per tumore che si allunga sempre di più, attraverso l’utilizzo della plastica come materiale simbolo di una gestione dei rifiuti responsabile che possa portare ad una rinascita di una terra che si è stancata di essere  una terra che sputa fuoco e veleni.

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